Nigmàr e dintorni... ~ La recensione di Alessandra

Ho il piacere di trascrivere qui la recensione della Saga di Bront e Flint a cura di Alessandra Calì, lettrice implacabile e senza fronzoli. 

Sono orgoglioso della cura che ha dedicato al volume, del suo entusiasmo e di come questa recensione sia frutto di un acquisto consapevole e critico. 

Al tempo dei social e dei bookblogger non è affatto scontato... 

La trovate su Instagram come ohfierobeeccoo, che aspettate a seguirla?

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Foto di Alessandra Calì

Ho fortemente desiderato acquistare il libriccino che mi è saltato all’occhio dopo aver ricevuto un “mi piace” ed un follow da questo oscuro, tenebroso e terribile profilo @antro_di_nigmar

L’ho corteggiato per qualche mese, aspettando il suo momento magico: sarò sincera, volevo essere del tutto sicura che valesse la pena investirci del denaro.

Con i libri è sempre così: per quanto si possa decantarne le lodi, non sempre nel fantasy italiano il tempo viene premiato e le aspettative rispettate, così come nel panorama straniero.

Ma parliamo di cose belle. 

Il cartaceo della Saga di Bront e Flint, di Francesco Battaglia, è un’opera artigianale al 100% che racchiude due scritti al suo interno, illustrati dalla matita di Anna Schilirò, quali:


- L’Ascesa del Campione


- Storie di Nigmàr


Il primo ha come protagonista Bront il Cinghiale, gnomo volitivo e ostinato, nella sua grandiosa impresa nel prendere posto all’interno di una nicchia di eroi. 

Il secondo scritto è un collettivo di novelle ad esso collegato, narrate dall’aedo Flint, fratello di Bront, all’interno di un bucolico quadro dai tratti delicati e nostalgici. 

 

QUANDO IL POEMA SI FA PROSA

Leggo nelle note introduttive alle Storie di Nigmàr che un amico editor dell’autore ha definito queste novelle come un “poema epico in prosa” e io non avrei saputo trovare parole più azzeccate.

Il trasporto letterario ci catapulta dritti alle Bucoliche virgiliane e ad un mondo dal sapore nettamente classico, inneggiante alle lontane campagne assolate e al componimento che riecheggia l’egloga della letteratura agreste. 

Vi dirò la verità, quando si legge di un certo faggio, del pastore sotto la sua ombra, di un canto sommesso che si innalza tra le fronde alte e di un esodo che mai vedrà il ritorno, si è spalancato quel famoso cassetto della memoria. 

Ed è stato subito Tìtyre, tù patulaè - recubàns sub tègmine fàgi.

Mai si dimenticheranno certe, interminabili lezioni di metrica latina, so che c’è chi mi capisce. 


Foto di Alessandra Calì, art di Anna Schilirò


NUOVI CANONI, VECCHI CANONI 

Quella che leggete nella Saga di Bront e Flint è la parafrasi del poema epico.

Rispettati i canoni del genere e rivisitata la struttura chiaramente più accessibile del periodo, l'autore stende quelli che sembrano i brandelli di una storia che verrà ampliata, chissà come e chissà quando. 

Gli elementi del poema classico ci sono tutti: frequenti epiteti e patronimici, come a stimolare la memoria dell’aedo che recita le avventure dei due fratelli; metafore e figure retoriche come ritornelli che impreziosiscono la prosa; stile narrativo tendente al fiabesco che poco narra e tutto mostra.


Foto di Alessandra Calì


IL FIL ROUGE FRA CLASSICO E MODERNO

Chi decide di acquistare e leggere la Saga di Bront e Flint non va in cerca di una storia, ma di una rivisitazione nostalgica del componimento epico tradizionale, riscritto in prosa e riadattato per un’audience senza età e con una indefessa costante: puntare al passato rimanendo vivi nel presente. 

Mi sono chiesta cosa potessi dirvi riguardo il pubblico di riferimento: in verità questa storia non si lega ad un lettore unico. 

Di certo non parla a chi intende leggere solo fantasy in senso stretto, perché le figure gnomiche di Bront e Flint si muovono in un pentagramma di omaggi e rivisitazioni legate – per esplicita ammissione dell’autore – al mondo letterario virgiliano e tradizionale, oltre che tolkieniano. 

Detto in soldoni: sarebbe un peccato non cogliere i richiami del testo alle celebri opere letterarie alle quali l'autore si ispira, perché la preziosità di questi due brevi scritti sta proprio nel rimaneggiamento in chiave quasi fiabesca dei canoni classici

È inconfondibile la nostalgia tipica dell’egloga virgiliana nel tono adottato dalle Storie di Nigmàr, così come l’anelare perpetuo ad una (ir)raggiungibile eroicità ne L'ascesa del Campione.

Posso darvi un consiglio? 

Regalatelo a chi non conosce il fantasy e regalatevelo se lo conoscete.

A chi apprezza il bello slegato da un’opera puramente fantasy e a chi cerca il fantasy nella letteratura nostalgica. 

A voi che siete curiosi e a chi decide di supportare il coraggiosissimo tentativo del nostro amichevole prof di quartiere.

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