Nigmàr e dintorni... ~ Una lettera di Pietro Todisco

Ho il piacere di trascrivere qui la lettera di Pietro Todisco, incarnazione del "lettore ideale" in cui auguro a ogni scrittore, almeno una volta nella vita, di avere la fortuna di imbattersi.

Sapere che le mie pagine lo hanno riportato a Virgilio, alla fiaba e a tutte quelle storie che, da neo-nonno, si prepara a raccontare alla tua nipotina è più di quanto uno scrittore possa meritare.

Trascrivo la tua lettera e ti ringrazio, Pietro... Per ora a distanza, ma presto lo farò di persona!

 

***

«Ho sempre cullato l’illusione di essere dotato di molta fantasia, forse perché scambiavo la fantasia con l’abilità di trovare, nel mio piccolo, la soluzione più semplice nei momenti più difficili della mia vita. Affettiva, lavorativa e, per un breve periodo, anche politica. Pensavo a tutto questo finché non ho letto il primo libro di Francesco, Storie di Nigmàr, da me liquidato frettolosamente: cosa si va a inventare Francesco! Alla sua giovanissima età scrive già favolette per bambini! 


Art di Leszek Andrzej Kosyuj
  

Perché questo atteggiamento di apparente superiorità, o comunque di scarso interesse per le opere fantastiche? Forse perché, prima del mio ingresso a scuola, non mi era mai stata raccontata una favola. Nella mia infanzia non c’era posto per le favole: la dura vita in campagna concedeva ben poco alle fantasticherie di ogni genere.

Gli unici racconti di cui ero testimone riportavano fatti drammatici di vita vissuta: raccolti distrutti dalla grandine, bestie travolte in qualche incidente, vite spezzate da mali sconosciuti. Mai una risata, una battuta licenziosa, un’allegria spensierata. Altro che favole!

Per farla breve, la prima mi è stata letta in prima elementare. Il nostro indimenticato maestro, dieci minuti prima di uscire da scuola, apriva il libro di Pinocchio e ci leggeva ogni giorno due paginette, lasciandoci sempre con il fiato sospeso. Prima di allora non avevo mai sentito parlare di orchi, fate, maghi o grilli parlanti... Solo, di tanto in tanto e per tenermi buono, qualche accenno a streghe e lupi mannari.

 

Art di Greg Hildebrandt

Anche le Ceneri scarlatte di Francesco mi avevano colto impreparato. Proprio a me, inguaribile ottimista (nonostante tutto), non era affatto sfuggito quel ricorso al mito dell’araba fenice che cade per poi risorgere, persino dalle sue ceneri, sempre più forte. Mi ero compiaciuto della positività che Francesco trasmetteva con tanta forza emotiva, ma ciò non era stato sufficiente a farmi cambiare idea.

Nel mio rapporto con la poesia ero, e sono tuttora, rimasto alle scuole medie, quando ci costringevano a imparare a memoria interminabili poesie quali Cinque Maggio, Piemonte, Davanti San Guido... Ero rimasto a quelle notti di dormiveglia in cui mi addormentavo con il libro addosso, pesantissimo, dopo dure e interminabili giornate nei campi.

La poesia non la odiavo, ma iniziai a detestarla allora – Intender non lo può, chi non lo prova... – e questo non l’ho più dimenticato. Solo grazie a Dante e Leopardi, molto tempo dopo, c’è stata una certa riconciliazione con le rime. 

Ancora oggi, però, avverto quel freno adolescenziale. Leggo con piacere solo le poesie vernacolari di un caro amico, Tancredi, qualche testo di canzoni e nient’altro. Questo pregiudizio, di cui sono consapevole, mi ha impedito di apprezzare poeti come Merini, Luzi, Quasimodo, Pasolini, Ungaretti, Garcia Lorca e molti altri. A un libro di poesie ne preferisco sempre almeno un paio di prosa. 

 

 

La Barque de Dante, di Eugène Delacroix

 

Così, quando ho aperto per la prima volta La saga di Bront e Flint, quasi in colpa e grazie a Francesco, ho scoperto che Virgilio non era stato solo quel ruffiano che, per dare una discendenza a quel “figlio di buona donna” di Augusto, si era inventato un capolavoro come l’Eneide.

Il poeta mantovano, influenzato dai Greci e Teocrito, aveva dato alla luce anche le Bucoliche. Le ho cercate. Così, tra egloghe e idilli, mi sono tuffato sulle tracce di Titiro e Melibeo, Coridone e Alessi – nulla a che vedere con il brand da cucina! –, Menalca e Mopso, Asinio Pollione, Cornelio Gallo e l’infelice amore per Licoride. Un mondo che scopro solo adesso: una fortuna per chi è diventato nonno appena l’altro ieri. Potrò raccontare alla mia nipotina le Storie di Nigmàr e le Bucoliche virgiliane, già non vedo l’ora!

Dopo Dante, che lo aveva eletto come “duca”, anche Francesco sceglie Virgilio per farsi guidare nel regno di Pan tra gnomi, streghe, fauni e altre creature fantastiche. E proprio qui, in alcuni passaggi de L’ascesa del Campione, ho colto il grido di una natura violata da pochi singoli, avidi e senza scrupoli. Grido raccolto da un semplice ma molto determinato gnomo, Bront, che realizza il sogno di diventare Campione non per accrescere il suo potere sugli altri – come aveva fatto il suo predecessore Grost –, ma per assicurare una vita più dignitosa ai suoi fratelli, liberandoli e garantendo una giustizia equa per tutte le creature. 


Art di Frigyes Friedrich Miess

Un appello a essere i primi degli umili in cui, forse sbagliando, mi piace cogliere anche un preciso rimando cristiano: “Chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo.” (Mt 20, 26-28)»

Ad maiora!

Pietro Todisco

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