Le poesie ~ Orfeo ed Euridice
Jean Baptiste Camille Corot, Orfeo conduce Euridice fuori dall'Averno (1861) |
Tra i monti
azzurri, in una verde valle,
sotto la quiete
di un antico faggio
un esile
fanciullo pizzicava,
con le lunghe
dita, l’aurea sua cetra.
Attorno a quello, Orfeo era il suo nome,
ogni creatura che
potesse udire,
satiro o ninfa,
stormo o irsuta fiera,
venne a bearsi
del novello canto.
Anche una ninfa
dai capelli biondi,
fanciulla anch’essa e bianca come un giglio,
stette tra loro,
e incantata dal suono
della sua voce i
suoi versi ascoltava.
Appena ebbe
finito di cantare
una corona di
fiori cerulei
gli pose sul capo. «Chi sei?», le chiese,
«Che fai? Vuoi
forse che canti il tuo nome?»
«Sono Euridice. Giochiamo a
inseguirci
laggiù in fondo, tra quei
cipressi azzurri?»,
disse la ninfa bambina, e
splendevano
i suoi grandi occhi simili a
stelle.
Dolce scuotendo i ricci della
fronte
Orfeo annuì; poi, insieme, per
la mano
i due fanciulli si presero e andarono
nel bosco, e il loro gioco fu per sempre.
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