Le poesie ~ L'assedio

 

Lo costruimmo con gravi mattoni

di dolore, il nostro muro, e senza

mai parlare. Ah, fortezza silenziosa!

Lacrime e bile furono il cemento:

noi li spalmammo tra i ruggiti e i pianti,

scartavetrando fondamenta d’odio.

Un muro freddo, nero e maledetto,

che partorimmo con dolore acerbo

in ogni notte, pietra dopo pietra. 


***


Io la ricordo la serena quiete

quando il muro non c’era, ed il rumore

inaspettato dei coltelli al buio:

li presero alle spalle e a tradimento.

"O principe", gemette il generale,

scorgendolo arrancare accoltellato

verso di lui, e sussurrare un nome. 

"Perché lasciaste la pianura aperta?

Non li sbarraste i confini del regno?"

E quello stramazzò trafitto al suolo,

tradito, in una pozza sanguinante. 


***

 

Io la ricordo, basta che col dito

accarezzi la bianca cicatrice, 

la faccia allucinata di sciamano

di colui che, terribile a vedersi,

soggiunse non chiamato per salvarlo.

E il generale l’osservò lavare

il sangue, e levar la lama dal cuore,

e digrignare i suoi mostruosi denti

nel constatar che il ferro non poteva

più esser estratto, senza che morisse.

Il generale, dolorosamente,

comprese il grave prezzo per la vita:

e il mago sciolse nelle vene il ferro,

e un sangue freddo pallido metallico

prese a pompargli lo stravolto cuore:

così cambiò, del principe, il colore.

E mentre tocca con le dita fredde

la bianca cicatrice del coltello,

egli comanda al vecchio generale

di cancellare, di mura, ogni cosa. 

 

*** 


E dunque sorse la muraglia oscura

e oscuro si fece il castello, e il regno;

i traditori furono trovati,

presi ed accoltellati a loro volta.

Ma ci sovviene, ancora, ogni tanto,

quel dolce tempo perduto e sereno:

le sconfinate e ridenti pianure

aperte, amici sicuri e lontani,

spose promesse ed ancor mai vedute

ad attendere, e sogni all’orizzonte

senza muri, o sbarre, o cancelli.

E il dolce viso non ancora bianco

del principe dal cuore di metallo,

senza cicatrici, come una rosa,

noi rivediamo all’ombra del ricordo. 

 

***


Ma ormai sbarrati furono i cancelli

e non sogniamo, non più, all’orizzonte.

L’oscuro mago, fido consigliere,

tutto nascose in una fitta nebbia

impenetrabile, piena di spettri;

Il generale, fattosi spietato,

vecchio ci porge le armi per la guerra:

"L’assedio sarà lungo, siate forti",

e il principe di ferro corazzato

assicura mura, e sbarre, e cancelli,

e scruta in lontananza dai bastioni

toccandosi la bianca cicatrice. 


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Poesia edita in Ceneri scarlatte, Kanaga, anno 2019.

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