I racconti ~ Nella tela del ragno

"Essa non desiderava altro che la morte dell'altrui mente e corpo, e per se stessa vita a sazietà, sola, e gonfia finché né le montagne né l'oscurità l'avrebbero potuta contenere."

J. R. R. Tolkien, Il Signore degli Anelli 


I

 

Quando Greta attraversò la porta rugginosa e malandata dell’ufficio, Virgo non si accorse di nulla. L’investigatore se la ritrovò davanti all’improvviso, i grandi occhi liquidi che lo fissavano. Trasalì e le fece cenno di accomodarsi.

«Lei sarebbe?»

«Greta», farfugliò nervosamente. Il suo accento non era straniero, ma i suoi lineamenti non erano del posto. La fotografò per un istante nella mente, soffermandosi sul viso pallido, diafano, incorniciato da chiome cineree, sottili. Gli occhi enormi, grigi e azzurri, mareggiavano sulle sue forme fragili. L’uomo si riscosse all’improvviso.

«Va bene, Greta. Come posso aiutarla?»

«Mi hanno parlato così bene di lei, dottor Virgo!», gli rispose la donna ansiosamente. «È successo un disastro, ma mi hanno detto che lei è così intelligente, così discreto!»

L’investigatore, sempre più dubbioso e incuriosito, non la interruppe.

«Mio fratello, sa. È scomparso da tre giorni. So che ha tanti casi a cui badare, ma mi aiuti... Che disastro, dottor Virgo!»

«Non ho così tanti casi. In genere li risolvono i commissari. Perché non è andata alla polizia?»

A quella domanda Greta ammutolì. Virgo si stupì del suo cambiamento: dall’ansia del parlato alla gravità di quel silenzio, rotto solo dalle maree dei suoi occhi, sembrava di avere di fronte un’altra donna, più cupa e tormentata. Forse, perfino pericolosa. Squadrò l’investigatore con uno sguardo profondo, diverso.

«Loro non capirebbero.»

«Si spieghi meglio.»

«Da un mese a questa parte mio fratello era strano. La sua camera era sempre sporca e piena di cose insolite

«Insolite in che senso?»

«Non sia sciocco. Non in quel senso. Insolite per un essere umano

«Mi ci porti», tagliò corto Virgo, aggrottando la fronte.

 

 

II

 

Non si trattava solo di una stanza. L’intero condominio davanti a cui Greta lo aveva condotto appariva come ovattato, ghermito da una bolla di silenzio, strati di polvere e sporco. I muri, spessi e sbiaditi, erano incrostati, pieni di muffa e altre macchie. Un liquido fetido, viscoso e indescrivibile, impregnava l’aria e il cemento completamente.

«Mi aveva parlato della sua camera, non di un caseggiato così ampio», si lamentò Virgo, portandosi una mano alla bocca.

«Ultimamente le cose sono un po’ sfuggite di mano.»

«Quante persone abitano qui?»

«Circa un centinaio, fino a qualche tempo fa», rispose Greta. «Ma ormai, eccetto me e Rodrigo, se ne sono andati tutti.»

«Suo fratello.»

La donna assentì.

«E il palazzo è vostro, immagino», la incalzò l’investigatore.

«Cosa glielo fa pensare?»

«È un luogo troppo grande per rimanere sfitto e in queste condizioni. L’amministrazione comunale non lo permetterebbe, piuttosto lo raderebbe al suolo. Nessuno vivrebbe qui senza degli ottimi motivi.»

Greta deglutì, strinse le labbra e annuì.

«Un disastro, glielo avevo detto».

Virgo le fece cenno di proseguire.

Attraversarono il cortile sotto un cielo privo di colori. Una pioggia sottilissima, quasi filamentosa, li sfiorava ingarbugliandoli. Dall’erba giallastra, pastosa, non venivano suoni né tracce di vita, soltanto esalazioni maleodoranti: sembrava di muoversi a ridosso di un pantano. Percorsero le scale fatiscenti, si tolsero di dosso la polvere e i fili di una ragnatela troppo spessa, insolita per un semplice ragno.

«C’entra con suo fratello, vero?»

La donna non rispose.

L’appartamento di Greta e Rodrigo era spazioso, grande abbastanza per una famiglia. Appese alle pareti Virgo riconobbe numerose fotografie in cui fratello e sorella, a età differenti, sorridevano accanto ai genitori. I quadretti, adesso, erano storti e, come tutto all’interno dell’abitazione, ricoperti di polvere e ragnatele. Che fine avevano fatto il padre e la madre di Greta? Incrociò lo sguardo della donna e rabbrividì: chiederlo sarebbe stato pericoloso. Cominciò a muoversi tra le stanze, all’erta. In sala da pranzo vide un pianoforte e un divano lacerato, sbranato. L’imbottitura, sparsa ovunque, era intrisa di un liquido viscoso. I fili lattiginosi sul soffitto erano più densi, avevano consistenza solida. Le tende erano sporche, tutte tirate e lasciavano l’appartamento nell’oscurità.

«È sicura che non sia qui?», bisbigliò l’investigatore, sforzandosi di mantenere il controllo.

«Non corre alcun pericolo», rispose Greta dalla cucina. «Sto facendo il caffè. Ne vuole?»

Virgo negò ad alta voce mentre piano, pianissimo, apriva uno spiraglio nella stanza di Rodrigo. Si rimproverò per la sua ingenuità, ma capì che quella cautela serviva più a lui, nella sua mente, che non all’effettiva presenza di qualcuno nella stanza. Aprì e guardò dentro.

 

 

III

 

Tra le mura rassicuranti dell’aula di Lettere, Marcel trattenne il fiato e sgranò gli occhi.

«Cos’hai trovato, Virgo?»

L’investigatore guardò l’amico e curvò la bocca in una piega amara.

«Hai presente La metamorfosi? È stato come sprofondarci dentro. Il letto, la finestra, la porta. Tutto era come nel racconto di Kafka. L’unica differenza...»

«...è che Rodrigo non è si trasformato in uno scarafaggio», completò il giovane ricercatore, incredulo. «Ma tu non lo hai visto, vero?»

Virgo scosse il capo.

«C’erano vecchie ragnatele e altre schifezze ovunque. Perfino i resti di un piccolo animale. Un gatto, a giudicare dalle ossa. Ma di lui neanche l’ombra. È così strano! Lo scarafaggio di Kafka rigettava perfino gli avanzi: qui, invece, abbiamo a che fare con un ragno predatore

«E Greta?»

«Indifferente a tutto. Ha preparato il caffè, si è seduta e ha aspettato. Completamente assuefatta a quell’ambiente. A quell’odore. Mi ha lasciato finire l’ispezione come se niente fosse.»

«È curioso, però. Anche la sorella di Gregor Samsa...»

«Credi che non ci abbia pensato? È assurdo, come al solito.»

«Cosa pensi di fare?», chiese Marcel, spremendosi le meningi. «Lo scarafaggio kafkiano non era mai fuggito.»

«A sentire Greta è scomparso da tre giorni, ma a giudicare dallo stato della camera Rodrigo deve essere sparito molto prima. Il condominio, invece, è disabitato da un mese. Greta nasconde qualcosa.»

«E se lei sapesse?»

«Ci ho pensato ed è possibile. Ma allora perché ingaggiarmi? Non sono neanche sicuro che alla fine di tutto abbia i soldi per pagarmi. Ma deve esserci un filo. Kafka è la base evidente, almeno in superficie. Ma poi?»

Sconsolato, il giovane ricercatore sospirò.

«Perché ti ostini a fare questa vita, Virgo? Lo sai che non ne vale la pena. Per il tuo bene, ritorna a insegnare. L’unica letteratura possibile è quella in classe, lontano dalle aberrazioni umane.»

L’investigatore si alzò mestamente. Abbozzò un sorriso, tese la mano all’amico e si allontanò.

 

 

IV

 

«Lo suoni il violino, Greta?», chiese Virgo a bruciapelo.

La donna, colta alla sprovvista, ebbe un sussulto e cominciò a farfugliare. Solo dopo alcuni minuti, con difficoltà, riuscì a spiegare all’investigatore che da piccola aveva preso qualche lezione, ma che la sua carriera musicale era finita lì.

«Niente Conservatorio, quindi.»

Greta rispose con l’ennesimo balbettio, stavolta incomprensibile. Esasperato, l’uomo le chiese di ripetere, ma non ebbe risposta.

I due si erano rivisti a casa della donna per fare il punto della situazione.

«Ho esaminato con attenzione il caseggiato», disse l’investigatore. «La situazione è grave, ma la presenza di ragnatele, fluidi e scheletri di piccole dimensioni è indizio certo che suo fratello è ancora qui. Le tracce sono delimitate al vostro immobile, ne circoscrivono perfettamente il perimetro.»

Greta si allarmò.

«Ma com’è possibile? Ho guardato dappertutto! Anche negli appartamenti abbandonati, ma erano vuoti...»

«Magari si sposta, passa da uno all’altro. Si parla di un ragno o sbaglio?»

Alla parola ragno il volto di Greta si fece ancora più pallido. Spalancò gli occhi marini e fissò l’investigatore, che temette di affogarci dentro.

«La cantina.»

 

I due si precipitarono giù per la scala, inabissandosi nelle profondità dello stabile. L’odore di putredine si fece più acre, il bianco delle ragnatele più intenso. Erano sulla pista giusta. Greta tirò fuori la chiave e con le dita tremanti fece scattare la serratura. Un mugolio sofferente si udì dall’altra parte. Sapendosi disarmato in mezzo al pericolo, Virgo imprecò nella sua testa. Fece cenno a Greta di farsi da parte e spinse piano il battente.

 

 

V

 

La cantina era quasi completamente buia. L’unico lume che irradiava la stanza veniva da destra, dall’alto di una grata che depositava su ogni cosa un bagliore fioco, malato. Scatoloni, biciclette e altre ferraglie, assi di legno e brandelli di mobili giacevano accatastati, ammassati in ogni angolo della stanza. Le ragnatele avvolgevano tutto come un sudario. Il fioco lume conferiva ai fili una fosforescenza spettrale.

Virgo gettò le mani avanti alla ricerca dell’interruttore. Tastò il muro alla cieca e rabbrividì: le sue dita erano affondate in un umore denso che impregnava le pareti. Mentre frugava si imbatté più volte in sporgenze solide, lisce. Non trovò ciò che cercava: il grido di un uomo lacerò il buio e lo travolse prima.

«Vattene, mostro

«Non sono io!», urlò a sua volta Virgo. «C’è un errore!»

«Non sei tu il ragno?»

«Non sei tu Rodrigo?»

«Sì che sono Rodrigo!»

«Ma io non sono il ragno! Tu lo sei!»

«No che non lo sono!»

Virgo strabuzzò gli occhi senza capire. Trovò l’interruttore che cercava e lo accese. La luce elettrica percorse la cantina e ne rivelò i segreti più oscuri. All’investigatore gelò il sangue nelle vene. C’erano ossa, teschi e scheletri umani dappertutto: sul pavimento e sulle pareti, intrappolati nella ragnatela che lui stesso aveva tastato. Macchie di sangue rappreso, adesso visibili, si allargavano ovunque alternandosi al bianco. Qualcun altro al suo posto avrebbe urlato. Virgo rimase pietrificato. Osservò il profilo di un uomo, unica presenza vivente all’interno della stanza, emergere da dietro un bidone di verderame. Cominciò ad avanzare guardingo. Virgo lo studiò: puzzava di urina e sudore; gli occhi stravolti, spiritati, mostravano i segni di chi è appena uscito da un incubo.

«Scusami. Pensavo fosse il mostro. E che fosse la fine.»

Virgo scrutò il volto di Rodrigo e si sforzò di capire. I suoi lineamenti erano deformi, ma non a causa della metamorfosi. Era il panico a renderli inumani. La barba incolta, le membra consunte e i capelli impastati di ragnatela potevano significare solo una cosa: Rodrigo, in tutte quella storia, non era mai stato il predatore, ma la preda. Trafisse l’investigatore con lo stesso azzurro degli occhi di Greta: un cielo traboccante di paura.

La soluzione del caso arrivò a Virgo come una scarica elettrica. Si voltò verso la porta della cantina, ma era troppo tardi: il battente si richiuse e la serratura scattò. Era finito nella tela del ragno.

 

 

VI

 

«Greta!», gridò l’investigatore. «Facci uscire, ti prego!»

Si udirono dei singhiozzi venire da fuori. La donna stava piangendo.

«Non c’è soluzione, dottor Virgo!», gemette. L’investigatore picchiò i pugni sulla porta.

«Troveremo una soluzione! Aprici

«Vorrei, ma non posso. Lei ha sempre fame e qui non è rimasto più nessuno. Che disastro, dottor Virgo!»

L’investigatore si voltò verso Rodrigo.

«Quanto tempo abbiamo?»

«Fino a mezzanotte. Poi il ragno prenderà il sopravvento.»

«Sei stata brava, Greta», ammise Virgo, battuto. «Hai recitato bene la parte della donna fragile.»

A quelle parole, la donna singhiozzò più forte. I due uomini, sempre rinchiusi, la udirono allontanarsi piangendo su per la scala. Sulla cantina calò il silenzio.

«Non dovevi parlarle così», lo rimproverò Rodrigo, accasciandosi sul pavimento lurido. «Hai idea di quanto stia soffrendo?»

«No, ma mi ha mentito fin dall’inizio», sospirò l’investigatore. «Su di te, su di lei, su questo posto. Mi ha ingaggiato solo per attirarmi quaggiù. I condomini non se ne sono andati, avrei dovuto capirlo subito. Sono stati divorati. E immagino che la stessa sorte sia toccata ai vostri genitori.»

Rodrigo annuì.

«Sono stati i primi. Un mese fa, alla sua prima metamorfosi. È piombata su di loro nel sonno. Io dormivo fuori, mi sono salvato solo per questo. Il giorno dopo, al mio rientro, Greta mi ha raccontato tutto. La nostra famiglia è maledetta. Gregor non fu che il principio.»

«Cosa è successo dopo il racconto kafkiano?», lo incalzò Virgo.

«La sua linea di sangue continuò con Grete Samsa: i genitori le combinarono un matrimonio con un signorotto straniero, un certo Friedrich Usher. Se ti intendi almeno un po’ di letteratura, non serve che ti dica altro.»

Virgo annuì, comprendendo solo allora l’entità del baratro in cui si era gettato.

«Come avete affrontato la cosa?»

«Con il panico, all’inizio. Anche se “di famiglia”, una maledizione rimane una maledizione. Le abbiamo provate tutte: carne cruda e animali di ogni taglia, vivi e morti. Non c’è stato nulla da fare. La donna-ragno brama carne umana. Siamo passati ai catenacci e alle camicie di forza, perfino a murarla viva. Ma il ventre della donna-ragno secerne un acido che corrode ogni cosa. Si liberava e ogni notte divorava qualcuno. Io, ovviamente, non rincasavo mai prima dell’alba.»

«Poi cos’è successo?»

«Dopo il panico, è subentrata la rassegnazione. Greta ha provato più volte a togliersi la vita, ma è stato inutile. Il mostro dentro di lei glielo impedisce. Mi ha perfino implorato di ucciderla, ma è pur sempre mia sorella. Ha dovuto accettare il ragno, e io con lei. È orribile a dirsi, ma abbiamo iniziato a pianificare i suoi pasti notturni. Stilato una lista di tutti i condomini, deciso l’ordine in cui il mostro li avrebbe sbranati.»

Rodrigo si interruppe, come se ciò che stava per dire gli costasse molto. Gli occhi di Virgo indugiarono sulle macchie della sua camicia a quadri.

«Avremmo sacrificato per primi i vecchi. Poi gli adulti e infine i bambini. Con qualche variazione, si intende, in base all’affetto e alla simpatia. Io sarei stato l’ultimo.»

«Come Polifemo con Ulisse.»

Rodrigo annuì e si prese la testa tra le mani.

«Eleggemmo la cantina a teatro degli orrori. Qui ogni giorno, con l’inganno o con la forza, io e Greta attiravamo le sue vittime. Qui ogni sera, prima della metamorfosi, Greta si rinchiudeva per sfamarsi in sicurezza. È stato terribile, ma finché è durata siamo stati certi di contenere il mostro in questo perimetro.»

«Ma poi sei rimasto solo tu», concluse Virgo. Rodrigo assentì.

«Sono sceso in cantina per farla finita. Nonostante la paura, un po’ ci speravo. Ma Greta ha trovato un’alternativa. Ha attirato te quaggiù. Non credo sia stato difficile. Le è bastato seminare una scia di briciole, come nella fiaba di Hansel e Gretel.»

«Mai pensato che Gretel fosse la Strega.»

«Ma le briciole le hai seguite tu», continuò Rodrigo. «Sei affamato di sapere. E forse più simile a lei di quanto credi.»

L’investigatore sentì l’imbuto che gli scendeva in gola e imprecò.

«Può darsi. Ma non credevo che sarebbe finita così.»

Rodrigo lo guardò e abbozzò un sorriso.

«Come credi che finirà?»

 

 

VII

 

Il buio calò inesorabile sul condominio diroccato. Un’oscurità nauseante inghiottì ogni cosa senza promessa di ritorno. La notte era il passato, era il futuro; non esisteva che essa. Virgo e Rodrigo attendevano nell’ombra, vicini. La luce della cantina era spenta. Completamente immobili, i due aspettavano la mezzanotte con il cuore in gola.

Quando udirono, in lontananza, l’eco di legno strappato a pezzi, seppero con certezza che il momento era giunto. La donna-ragno aveva divelto il portone dell’appartamento e si precipitava giù, smaniosa del suo pasto.

Un gorgoglio basso, aspro e stridente, cominciò a risuonare in maniera lugubre. Dapprima lontano, poi sempre più vicino. Virgo si voltò a guardare Rodrigo: i suoi occhi erano spalancati e rigidi.

Poi, insieme ai suoni gutturali, arrivò il lezzo. L’investigatore vomitò. Il battente risuonò di un rumore metallico, soffocato e profondo.

«È dietro la porta!», ansimò Virgo.

Il mostro cominciò ad armeggiare con la serratura. La fece scattare. La porta si spalancò e una ventata furibonda, pestilenziale, li investì. Il mostro, stagliandosi sulla soglia, sibilò la sua fame di sangue. Una massa nera e informe, gonfia di orrore insaziabile. Si fece avanti, trascinando il ventre tumido sotto le zampe uncinate, lunghe e sottili. Virgo e Rodrigo, ancora immobili, trattennero il fiato. La donna-ragno si fermò davanti a loro. Spalancò i due grappoli azzurri di occhi e osservò entrambi per un istante interminabile. Aprì e richiuse le tenaglie, come se non riuscisse a decidersi. Poi, riconosciuta la camicia a quadri di Rodrigo, si gettò sull’altra sagoma e diede inizio al suo pasto.

 

 

 

VIII

 

Una luce tenue, quasi inconsistente, filtrava dall’esterno attraverso la grata. Virgo riaprì gli occhi e li socchiuse. Era ancora sul fondo della cantina, nell’esatto punto in cui era svenuto. Si mise a sedere e vomitò a lungo. Poi si alzò, si tolse la camicia a quadri e la gettò sui resti di Rodrigo, che giaceva nel centro della stanza divorato a metà. Al suo fianco c’era Greta, avvolta come una sposa in una nube di ragnatele. Una macchia di sangue le imporporava il bianco dell’abito all’altezza del ventre. Non era l’unica chiazza: su tutto il corpo mostrava le tracce di un combattimento atroce.

Liberò la donna dal palo metallico e allontanò con un calcio l’asse chiodata, madida di sangue, con cui l’aveva colpita mentre divorava il fratello. Incrociò i suoi occhi azzurri, sbarrati, mareggiare spenti nell’oscurità. Imprecò tra i denti e prese la via delle scale. Non era ancora il momento di fuggire. Tornò di sopra ed entrò nell’appartamento dei due fratelli. Le ragnatele erano ormai dappertutto. Gettò un’occhiata fugace al pianoforte, scorse un biglietto, lo lesse e lo intascò. Poi andò in cucina e aprì il gas senza esitare. Uscì di corsa e, una dopo l’altra, sfondò le porte di tutto il condominio. Liberò il metano in ogni appartamento e tornò in cantina. L’investigatore riguardò il biglietto. Una grafia esile e disperata inchiodava le ultime parole di Greta: Perdonatemi. Diede fuoco alla carta e appiccò l’incendio: le ragnatele e i vecchi mobili avrebbero bruciato bene. Il gas ai piani superiori avrebbe fatto il resto. Quando l’intero caseggiato esplose fu come sentire lo scoppio di una bomba.

 

 

IX

 

«Questa volta hai rischiato grosso», mormorò Marcel. «La metamorfosi e La caduta della casa Usher. Ma soprattutto Shelob. È un miracolo che tu sia qui a raccontarlo.»

L’investigatore crollò sulla sedia sfinito.

«Non è dipeso da me. Se non fosse stato per Rodrigo e Greta...»

«Il confine tra bene e male a volte è impercettibile. Spiegami. Lo scambio di camicie l’ho capito, ma il resto...»

«Gli occhi del mostro erano gli stessi di Greta. Lo stesso colore, la stessa intensità. Lei sapeva, ne sono sicuro. Ma è stata al gioco di Rodrigo. E un attimo prima che la colpissi da dietro ha esitato. Poteva girarsi, e invece ha continuato a mangiare. È crollata sul fratello come Madeline con Roderick Usher.»

«Un altro caso risolto.»

«Non certo per merito mio. Greta ha tirato i fili dall’inizio alla fine.»

«Forse anche da prima dell’inizio. Si fidava di te, è come se ti avesse scelto.»

L’investigatore chinò il capo e sorrise amaramente.

«Ero solo un uomo più sacrificabile di altri. A ogni modo, vita salvata a parte, non ho avuto il mio compenso. Non è la prima volta che succede. Un altro mese così e sarò sul lastrico.»

«Non sei obbligato a vivere in questo modo. Tornerai mai a insegnare, Virgo?», chiese Marcel. La sua voce preoccupata tradiva una punta di rimpianto. L’investigatore sorrise ancora.

«La scuola sopravvivrà anche senza di me.»

Si alzò dalla sedia e prese la via della porta. Marcel ricambiò il sorriso.

«Appena hai un nuovo caso passa a trovarmi, intesi?»

 

 

X

 

Virgo gettò via gli abiti imbrattati e si buttò sotto la doccia. Si strofinò accuratamente, lavò via ogni macchia di sangue, ogni traccia degli umori del mostro. Si rivestì e uscì sbattendo la porta. Salì su un autobus che lo portò alla stazione. Montò su un treno che lo condusse al mare. Era sfinito, ma passò la notte sveglio, seduto sulla riva. Le acque nere, infinite, sciabordavano avanti e indietro. Disperato, cercò di tirare le somme. Nel libro di Tolkien la fame di Shelob si accordava alla sua natura malvagia. Se avesse potuto, la donna-ragno avrebbe divorato il mondo intero. Frodo e Samvise avevano agito secondo giustizia. Nel mito greco la tessitrice Aracne aveva offeso gli dèi e per questo era stata punita. La stessa Grete, sorella del più celebre scarafaggio letterario, aveva sviluppato nei confronti del fratello un’avversione inumana, mortale. Ma Greta? Le sue forme fragili erano incapaci di offendere. Se la donna lo aveva ingannato, era stato per sabotare il mostro. Se aveva ucciso, era stato per disperazione. Di notte divorata dalla fame, di giorno dal rimorso. Ripensò alle mareggiate dei suoi occhi e ricacciò indietro le lacrime. Era quasi l’alba quando si tuffò. Si era salvato e il mostro era stato sconfitto, ma Virgo non era felice. Si immerse tra le onde e cominciò a nuotare, nuotare... lo sguardo marino di Greta sempre fisso negli occhi.

 

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Copyright © 2020

Tutti i diritti riservati.

 

Racconto edito nell'antologia Horror Storytelling 4, Watson, anno 2020 

 


 

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