I racconti ~ Fabricatus
All'ombra dell'ultimo sole...
Il sedile meccanometrico accoglie Fabricatus con un cigolio. L’androide non fa in tempo a sedersi, che un dedalo di cinghie e ganci metallici si attorcigliano a braccia e gambe. Fabricatus non ci fa caso: da quando è un androide, non fa più caso a molte cose. Perfino lo sguardo del Dott. Pescati, un tempo così inquietante, ormai lo lascia quasi indifferente. Occhi turchini come il camice che indossa.
“Come stai, caro
Fabrizio?”
“Fabricatus”.
Il Dott. Pescati fa un
cenno di approvazione e appunta qualcosa su un foglio. Schiaccia il solito
pulsante. Un altro cigolio. Il sedile meccanometrico si inclina e Fabricatus si
ritrova a fissare il neon sul soffitto, rosso come il sole che muore. Non prova
nulla. Dall’angolo del Dott. Pescati, una matita gratta sulla carta. Schiocca
un altro pulsante. Il ronzio di un seghetto circolare, sempre lo stesso, scava
pelle sintetica e circuiti all’altezza della bocca. Forse per tracciare un
solco, un sorriso.
Sembrerebbe una questione importante, ma a
Fabricatus non importa. Non avverte più neanche ciò che dovrebbe essere dolore.
Dal suo angolo, il Dott. Pescati si complimenta con un applauso. “Vai alla grande, mio caro Fabrizio! Sei
pronto per la prova finale”.
Fabricatus non risponde.
Aspetta. Lo sguardo perso nel neon che sembra un tramonto. Gli arti stritolati dai
ganci. La bocca massacrata.
Un rumore di passi: è il
Dott. Pescati che si avvicina. Con la coda dell’occhio, Fabricatus gli scorge
tra le mani un cartoncino quadrato. Una fotografia, che il Dott. Pescati gli
sventola davanti e Fabricatus si ritrova a esaminare.
L’androide distingue una
coppia di innamorati: l’uomo non è Fabricatus né Fabrizio. Un soggetto
ininfluente che può andarsene al diavolo. La donna invece la riconosce: si
chiama Matilde e un tempo Fabricatus, anzi Fabrizio, le voleva bene. Dieci anni
prima era giovane e bella, e i loro baci non si contavano, insieme alle parole
che si dicevano dopo l’amore, nudi e stretti l’uno all’altra. Eppure la foto
gli mostra che anche lei, alla fine, è sfiorita: i lunghi capelli neri hanno
perso lucentezza e tradiscono i primi fili bianchi. Le linee del viso, un tempo
così morbide, si sono appesantite. Matilde ormai non è più bella, e soprattutto
non gli vuole più bene. Un giorno lo ha lasciato per un altro. Oh, Matilde…
Il Dott. Pescati raccoglie in una provetta i residui che gli gocciolano dagli occhi. Fa sparire Matilde
in una tasca del camice. Fabrizio si dibatte sul sedile meccanometrico. Dal
solco della bocca stride uno spiffero, un rantolo.
“Matilde… bzzt… io…”
Il dolore investe e
pervade Fabrizio. Il Dott. Pescati scuote la testa con disappunto.
“La memoria è già dolore, e tu non sei ancora pronto, Fabricatus”. Il suo sguardo è tagliente, freddo come una scheggia di vetro. “Ma noi qui siamo pazienti. Sarai rieducato da capo”.
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